feb 102010
l film sul ‘metodo Augustus’ della Protezione civile
Trailer del film-documentario di Alberto Puliafito, prodotto da Fulvio Nebbia per iK Produzioni sull’operato del dipartimento di Protezione Civile a L’Aquila durante l’emergenza terremoto: la ricostruzione, la gestione dei media, le deroghe alle leggi vigenti, gli appalti e le ordinanze: è la “shock economy” all’italiana
La prima internazionale del film è prevista a New York il 6 aprile 2010, per la comunità italiana.
(fonte repubblica.it)
Io penso che la condizione della popolazione aquilana non sia pessima. Ovviamente si trova di fronte ad una situazione di disagio, la quale appunto perchè caratterizzata da “disagio” non permette di vivere la vita secondo l’ “agio” del malcapitato; secondo me l’ obiettivo raggiunto è stato notevole: non c’è più gente nelle tende, ognuno passerà la notte sotto una copertura “stabile” e calda. Se poi, per ogni cosa fatta dai governanti, vogliamo trovare il difetto al costo di condannare il partito governante che è opposto al nostro “colore”, è inutile che discutiamo, pure se L’ Aquila fosse stata ricostruita interamente (con tutti i particolari che avremmo potuto vedere il 6 aprile alle 3.31) avremmo trovato e denunciato un comportamento negativo, malvagio, da parte del partito governante.
purtroppo il montaggio di questo video evidenzia ciò che interessa a coloro che lo hanno girato. perchè non mettiamo l’ intervista a quelli che stanno al caldo dentro una casa di legno o dentro un hotel… famiglie con anziani e bambini… chiedete a loro cosa ne pensano… chiedete a loro se i governanti “non vanno bene”…
Ottima idea, max. Andiamo a parlare con chi è stato confinato in un albergo a 90km da l’Aquila dopo 6 mesi vissuti nelle tende (caso unico in Italia). Chiediamogli se trova divertente percorrere 90km ogni giorno per andare al lavoro oppure se è contento di svegliare i propri figli alle 5 di mattina per mandarli nelle scuole aquilane in cui li ha iscritti credendo alle menzogne di chi ha amministrato lo stato emergenziale.
Poi, se vuoi, torniamo in città, entriamo negli appartamenti del piano CASE, il famoso piano che ha costretto la gente negli alberghi della costa perchè sottodimensionato rispetto al numero di sfollati; chiediamoci, magari, se 2500 euro a metro quadro non sia un prezzo un po’ alto per un intervento che doveva essere “provvisorio” e invece ha cementificato 19 aree, fuori da ogni regola del piano regolatore.
Probabilmente quei 700 milioni di euro sarebbero stati sufficienti a garantire degli alloggi temporanei a tutti gli sfollati, consentendo loro di restare in città.
Dissociare e disperdere una popolazione è una scelta grave, che non giova alla ricostruzione (che, per intenderci, a l’Aquila è ancora in alto mare).